Vari bambini di varie etnie sono seduti a terra, hanno le mani alzate perché vogliono fare una domanda a un compagno che ha appena finito di fare una presentazione. Di fianco a lui c'è una maestra. La foto è di CDC ed è pubblicata con Licenza Creative Commons su Unsplash

Disagio e violenza, un binomio su cui riflettere

Il disagio giovanile è un problema purtroppo attuale per il nostro paese.

Gli ultimi angoscianti fatti di cronaca – 79 femminicidi dall’inizio dell’anno, gli stupri di Palermo e di Caivano– ed un crescente numero di giovani che finiscono vittime di sfide assurde, spesso mettendo a rischio la propria vita, sfide lanciate ed amplificate sui social, ci pongono una seria riflessione. Dobbiamo, ormai, considerarlo un allarme sociale che non può lasciarci indifferenti.

Curare sintomi e conseguenze non serve

La destra provvede alla cura del male tentando, comunque inutilmente, di curare solo i sintomi. Ovvero vuole curare solo le conseguenze, di un male spesso sotterraneo e invisibile; conseguenze visibili, che hanno ampia risonanza mediatica.
La risposta dello stato ad atti di violenza minorile o sulle donne non può essere solo repressione e durezza, che non portano a niente.
La volontà di creare uno scontro frontale con una parte della nostra gioventù non ha certo lo scopo di risolvere il problema ma soltanto quello di creare un ulteriore motivo di paura nell’ opinione pubblica; se lo Stato deve prendere provvedimenti drastici nei confronti di un fenomeno significa che siamo in pericolo, che dobbiamo avere paura, che dobbiamo pensare che quella della nostra incolumità sia la massima priorità. Poi magari passano in secondo piano problemi come i livelli salariali che non consentono a molti, troppi, di arrivare a fine mese, o le liste di attesa per una visita, problema risolvibile solo pagando, cosa che non tutti possono fare. Per questi e per tanti altri problemi  il governo non prende provvedimenti altrettanto decisi e immediati. Il fenomeno va affrontato con altri mezzi e con altri obiettivi.

Di fronte ad un atto criminale l’attività delle forze di polizia è indispensabile, ma dietro quell’atto c’è un universo fatto di problemi economici, familiari, culturali, scolastici, lavorativi che sono l’humus ideale per la genesi di azioni violente.

Serve un approccio sistemico e sociale. E servono molte risorse economiche

Occorrono risorse economiche, occorrono asili nido gratuiti, scuole che applicano il tempo pieno in modo da accompagnare i giovani per la maggior parte del tempo della loro giornata, occorrono mediatori culturali anche per i giovani stranieri di prima, seconda e terza generazione, centri di aggregazione, palestre, sostegno agli insegnanti, consultori con medici e psicologi. Occorre la sicurezza data da un lavoro certo, non precario, adeguatamente remunerato per dare tranquillità alle famiglie. Occorrono politiche salariali effettivamente egalitarie tra uomini e donne, che mettano le donne in grado di poter contare su una propria autonomia e capacità reddituale.
Occorre, quando non c’è lavoro, un serio sostegno economico alle famiglie per fare in modo che non sia la criminalità a supplire l’assenza dello stato in questo ambito.
Bisogna pensare ad un cambio di mentalità, che recuperi l’essenza stessa dell’essere umano, specie di giovani e di donne, che non debbono più essere oggetti di cui abusare. Bisogna provare a smantellare una cultura fortemente patriarcale e machista: “Dio, Patria e Famiglia”. Entrare nelle scuole e parlare in modo serio e professionale di educazione affettiva e sessuale, per sensibilizzare in primo luogo, il corpo docente e le famiglie e poi proporre dei percorsi che possano coinvolgere gli studenti. Lo chiedono a gran voce anche tutte le associazioni- centri antiviolenza ed associazioni femministe- che da anni si occupano di diseguaglianze e difesa dei diritti civili. E sono queste associazioni che andrebbero coinvolte e rafforzate nei loro mezzi, proprio perché i tanti anni passati ad ascoltare i racconti delle vittime, forniscono loro il perfetto substrato di conoscenza ed esperienza.

Le proposte di FdI per Senigallia seguono la linea della destra nazionale

Nel nostro piccolo abbiamo un esempio dell’approccio della destra alla questione. Un paio di anni fa Fratelli D’Italia ha presentato una mozione che si sviluppa in diversi punti; i primi quattro provvedimenti che proponeva erano tutti relativi ad attività di presidio del territorio, di tutela dell’immagine della città compromessa da “azioni criminali”, di potenziamento del contrasto alla microcriminalità, dell’attività sanzionatoria da parte della polizia locale. Solo dopo tutti questi provvedimenti si proponeva qualche attività di prevenzione attraverso la scuola, le organizzazioni, la chiesa.
Ripetiamo che questo approccio è sbagliato, perché contrasta solo gli effetti del problema e non le cause, e vuole creare quell’atmosfera di insicurezza che è il campo d’azione ideale per le politiche della destra.

“Stiamo educando una gioventù all’odio, perché abbiamo perso il senso dei valori, i veri valori della vita li abbiamo persi.
In questo momento è una fortuna essere ciechi, non vedere certe facce ributtanti che seminano odio, che seminano vento e raccoglieranno tempesta.
Le parole sono pietre, le parole possono trasformarsi in pallottole.
Bisogna pesare ogni parola che si dice e soprattutto far cessare questo vento dell’odio, che è veramente atroce, lo si sente palpabile intorno a noi.
Ma perché l’altro è diverso da me? L’altro non è altro che me stesso allo specchio.”

(Andrea Camilleri)

“Chi apre la porta di una scuola chiude una prigione”

(Victor Hugo)

Margherita, Paola C., Francesca, Ezio, Gabriele, Laura, Luana, Rodolfo, Virgilio, Ilaria, Carlo, Lucia, Ivo, Paola F.
Gruppo di lavoro Diritti Umani, Disuguaglianze e Lavoro

Foto di copertina di CDC, disponibile con licenza Creative Commons su Unsplash


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